La rievocazione dei ricordi e il suo meccanismo

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 21 marzo 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Non si è abituati a farci caso, così è necessario compiere uno sforzo di riflessione per rendersi conto che la rievocazione dei ricordi è parte integrante e importante dell’attualità della nostra vita mentale. Magari, quando si menziona questa facoltà psichica, si pensa all’atto di richiamare alla mente un evento, un episodio, un fatto o una trance de vie di tanti anni prima; di quando si era giovani o, se giovani lo si è ancora, di quando si era bambini. Ed è straordinario e suggestivo che si possano ricordare elementi, dettagli e perfino stati d’animo che sembravano perduti[1]; come in alcuni casi è forse ancora più interessante il rendersi conto di aver del tutto cancellato circostanze episodiche o persone che sono appartenute per un po’ alla scena della nostra esistenza[2].

La rievocazione non è però solo questa esperienza importante del ritorno nel presente di un frame o di un’intera sequenza del passato, per dirla col linguaggio del gergo cinematografico, ma è soprattutto, momento per momento, il richiamo alla mente di quanto abbiamo saputo, visto e detto prima del momento attuale e deve essere presente per consentirci di regolare i tempi, i contenuti o le forme di ciò che stiamo facendo, entrando nella dimensione esplicita di coscienza dal quel necessario accantonamento provvisorio in una penombra implicita alla periferia del campo di consapevolezza[3].

Fra i tanti esempi possibili di rievocazione che integra la funzione psichica attuale c’è quello dello studente che, procedendo nella lettura del libro di testo, richiama per associazione spontanea, i contenuti e le “scene” delle lezioni universitarie sugli stessi argomenti; o del medico che, durante la raccolta di dati anamnestici, di laboratorio e strumentali necessari per formulare la diagnosi, automaticamente attualizza episodi, casi clinici, metodi procedurali e ragionamenti che fanno parte della sua esperienza. Un attore celebre riferiva che il segreto delle sue ottime performances teatrali consisteva nel rendere costantemente presenti alla sua mente le reazioni entusiastiche del pubblico in occasione di una sua fortunata esibizione di molti anni prima. Un cuoco fiorentino, che aveva seguito un corso a Parigi, quando preparava piatti francesi si immedesimava talmente nello chef suo maestro da parlare solo in francese ed imitarlo in ogni suo gesto, suscitando l’ilarità di colleghi e camerieri. Un calciatore famoso ha raccontato che durante ogni partita rievoca, in rapporto alla circostanza e alla fase di gioco, i consigli, i suggerimenti e gli incitamenti del suo allenatore preferito, anche dopo aver cambiato squadra e tecnico.

Si potrebbe continuare a lungo negli esempi e il lettore potrebbe aggiungere i suoi, ma ciò che desidero evidenziare è la presenza e l’importanza nell’esercizio cognitivo corrente, in ciascuno di noi, di una quota di elementi richiamati alla mente.

Il problema principale nella comprensione dei meccanismi della nostra rievocazione consiste nel fatto che questa dimensione del funzionamento mentale rientra in quel novero di processi psichici che non possono – se non al rischio di snaturarli – essere ridotti all’equivalente del processo elementare di recupero di una traccia di azione da parte di un roditore, da un canto, e non possono, dall’altro, essere esplorati monitorando direttamente i neuroni di tutti i circuiti implicati nel cervello di persone normalmente attive e impegnate in una prova rievocativa.

Non resta che ingegnarsi, impiegando una ragionevole deduzione comparativa, associata ad indagini sul tipo di rievocazione che può essere esplorata, sia pure con molti limiti, nel cervello umano.

Gli studi su animali hanno da tempo dimostrato l’associazione fra la ripetizione di sequenze di attività neuronica e processi di richiamo e consolidamento delle memorie. Ma, sebbene implicitamente si assuma che anche nel nostro cervello accada la stessa cosa, non vi sono evidenze dirette che la ripetizione di sequenze di picchi sia importante nei processi che ho appena descritto.

Il problema è stato affrontato da Vaz e colleghi dei National Institutes of Health (NIH) di Bethesda nel più ampio quadro della codifica e del richiamo o rievocazione della memoria umana; argomento del quale ci siamo più volte occupati, presentando gli studi di volta in volta più recenti. Il modello prevalente per studiare il ricordare umano è costituito dalla memoria episodica, un tipo di memoria esplicita delle esperienze che consente la realizzazione di prove sperimentali efficaci e affidabili. In questo campo di studi non è stato ancora chiarito come l’attività delle singole unità del cervello umano è temporalmente organizzata durante la codifica e il richiamo; problema che è stato affrontato da Vaz e collaboratori registrando simultaneamente nel cervello dei volontari i potenziali d’azione delle singole unità, i potenziali di campo locali e i segnali dell’elettroencefalografia intracranica durante l’esecuzione di compiti sperimentali di memoria.

(Alex P. Vaz, et al. Replay of cortical spike sequences during human memory retrieval. Science 367 (6482): 1131-1134, 2020).

La provenienza degli autori è la seguente: Surgical Neurology Branch, National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS), National Institutes of Health, Bethesda, Maryland (USA); Medical Scientist Training Program, Department of Neurobiology, Duke University, Durham, NC (USA); Office of the Clinical Director, NINDS, National Institutes of Health, Bethesda, Maryland (USA).

Lo studio elettrofunzionale del cervello dei volontari partecipanti allo studio, durante i compiti di memoria, ha registrato oscillazioni SWR (sharp wave ripple) nella corteccia del lobo temporale, che riflettevano raffiche di picchi di potenziali d’azione, e ha mostrato che queste raffiche di picchi si organizzavano in sequenze durante la formazione della memoria.

Si ricorda che le SWR sono dei pattern di oscillazione provenienti dall’ippocampo – e perciò da sempre associati alla memoria – tipicamente rilevati all’EEG durante il sonno o l’immobilità dello stato di riposo per il tracciato in condizioni di base standard. Con le SWR, nell’ippocampo si rilevano anche onde γ e onde ϑ. Le SWR sono composte da onde acute di grande ampiezza in potenziali di campo locali e sono associate a oscillazioni di campo rapide dette, appunto, ripples (lett.: increspature). Vari studi le hanno associate al consolidamento della memoria e alla re-esecuzione nel sonno dei correlati di memorie formate durante la veglia. Si ricorda anche che queste oscillazioni di rete sono i pattern maggiormente sincronici che si conoscono nel cervello, e sono soggetti ad alterazioni elettriche patologiche, come quelle epilettiche.

Vaz e colleghi hanno dunque accertato che le oscillazioni R nella corteccia cerebrale umana riflettono le sottostanti raffiche di attività di picco di singole unità che sono organizzate in sequenze specifiche per quella memoria in corso di formazione durante il compito sperimentale. Le registrazioni hanno mostrato che le sequenze di picchi si verificavano ripetutamente durante la formazione della memoria ed erano ripetute durante la corretta rievocazione del contenuto mnemonico. Inoltre, questa nuova esecuzione della sequenza memorizzata era associata a oscillazioni R nel lobo temporale mediale (dove ha sede l’ippocampo).

Infine, l’estensione della sequenza ripetuta durante la rievocazione esatta del contenuto da ricordare era strettamente correlata all’estensione dell’accoppiamento dell’attività di picco corticale con le onde R del lobo temporale mediale.

Nell’insieme, i dati ottenuti da Vaz e colleghi dimostrano che la memoria episodica umana è codificata da specifiche sequenze di attività neurale e che la rievocazione implica la ripetizione nell’esatto ordine temporale della codifica.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-21 marzo 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Pur con notevoli variazioni individuali, sono stati individuati caratteristici periodi della vita per il recupero di ricordi apparentemente perduti; ad esempio, la prima giovinezza per i ricordi d’infanzia preclusi durante l’adolescenza, o la terza età per il recupero in flash back di stati d’animo o atmosfere dell’infanzia, dell’adolescenza e della giovinezza.

[2] Dopo gli studi di Freud sulla rimozione, poco è stato sviluppato alla luce delle conoscenze attuali per comprendere meglio le ragioni di cancellazioni selettive, e ancora non si va molto oltre il caso dell’associazione con contenuti allontanati dalla coscienza perché dolorosi.

[3] La nozione dell’intervento costante della rievocazione nell’attualità è parte integrante della concezione neurofunzionale della dimensione mentale del nostro presidente Perrella.